FISIOTERAPIA VESCICALE SULLE PROSTATECTOMIE RADICALI

IPOTESI DI LAVORO SULLA VESCICA NELLA RIABILITAZIONE DELL’INCONTINENZA POST PROSTATECTOMIA RADICALE
L’esperienza di lavoro nel trattamento post operatorio degli interventi di prostatectomia radicale mette spesso a contatto con soggetti portatori di incontinenze severe a volte protratte a lungo nel tempo.
Ovviamente il primo passo è quello di verificare eventuali lesioni irrimediabili nelle strutture neuromuscolari poiché “sebbene l’innervazione volontaria giochi un ruolo fondamentale nel mantenere la continenza, il trattenimento delle urine dipende in prima istanza dalle caratteristiche plastiche dei muscoli della vescica e dell’uretra” (Campbell)
Comunque, molto spesso all’osservazione, questi pazienti presentano alcune caratteristiche ricorrenti. Tra queste, uno sgocciolamento continuo che impedisce costantemente il riempimento della vescica e con il quale contrasta la capacità di arrivare asciutti in bagno al momento del risveglio. Quando cioè la vescica si è riempita durante la notte.
La spiegazione di questo, da un punto di meccanico e a detta degli urologi sta nel fatto che il collo vescicale appiattendosi durante il riempimento collabisce di più garantendo una maggior tenuta. Questo è certamente un aspetto importante ma non può essere l’unico poiché citando lo stesso testo di urologia si trova che: ”i tentativi per spiegare la funzione vescicale in base alle sole caratteristiche anatomiche e microscopiche non hanno avuto successo”.
Ho provato, allora a ragionare di più da un punto di vista riabilitativo. Nell’ottica cioè di un approccio, che tenga conto della “funzione” nella sua completezza. Funzionalmente allora, la vescica costantemente vuota, (oltre a perdere rapidamente la compliance) diventa in qualche modo “parzialmente silente” per il sistema nervoso centrale. Vale a dire che la mancanza di stimolo minzionale, equivalendo alla mancanza di afferenze, impedisce che vengano attivati i meccanismi centrali :corticali e subcorticali di inibizione, che sono fondamentali nel ripristino della funzione continenza
In questo caso, favorendo il riempimento si possono aumentare tali afferenze e favorire l’inibizione a livello centrale, per migliorare la tenuta.
L’ipotesi che si propone è che si possa utilizzare questo meccanismo nel processo di recupero.
A livello neurofisiologico, la minzione è il processo mediante il quale la vescica si svuota volontariamente dopo essersi riempita.
Tale processo mette in gioco un’attività riflessa integrata a livello del midollo sacrale toracolombare e centri encefalici, utilizzando un meccanismo che si può così semplificare:
A) la vescica si riempie progressivamente fino a quando la tensione delle sue pareti non si innalza oltre un certo valore di soglia;
B) si attiva il riflesso della minzione;
C) questo fa aumentare fortemente la pressione vescicale e provoca una sensazione cosciente di bisogno di urinare.
Il riflesso della minzione è un riflesso nervoso da stiramento avviato da appositi recettori della parete vescicale (si tratta di fibre nervose libere che fungono da recettori di tensione) per lo più concentrati a livello del Trigono.
Tali recettori trasmettono gli impulsi afferenti lungo i nervi pelvici ai segmenti sacrali e toracolombari del midollo e da qui impulsi efferenti lungo fibre parasimpatiche decorrenti negli stessi nervi tornano alla vescica.
Quando è avviato, il riflesso della minzione si “autosostiene”, ossia le prime contrazioni del detrusore stirano ulteriormente i recettori che generano ancora altri impulsi afferenti che provocano nella vescica un ulteriore incremento della contrazione riflessa.
Questo accade varie volte fino a che la vescica non arriva ad una contrazione di forza notevole poi il riflesso nel giro di poco tempo (da alcuni secondi a qualche minuto) comincia a esaurirsi e cessa di autosostenersi, vale a dire che ad un periodo di massima eccitazione segue un periodo più o meno lungo di inibizione (latenza).
Tanto più la vescica è piena tanto maggiore è la frequenza e la potenza del riflesso ed il numero degli impulsi afferenti che arrivano alla corteccia ,aumentando, di conseguenza, la sensazione del bisogno di mingere. Questo fa si che, nonostante il riflesso alla base del meccanismo minzionale sia del tutto automatico, esso è costantemente inibito o facilitato da centri encefalici che ne mantengono sempre il controllo finale.
Anche perché, essendo la muscolatura liscia della vescica durante il riempimento sempre vicina alla soglia di eccitazione, tali strutture esercitano una costante azione di parziale inibizione, mantenendo in contrazione tonica lo sfintere esterno. A quel punto,a seconda che la volontà sia quella di mingere o accumulare l’urina, le popolazione neuronali che regolano le bassa vie urinarie, richiedono di essere eccitate o inibite. Questo meccanismo centrale è organizzato come semplice interruttore “spento / acceso” con un rapporto reciproco tra vescica e collo vescicale. E poiché come si è detto, la minzione viene stimolata dal riempimento stesso della vescica, si pensa che tale meccanismo sia davvero potente e capace di tramutare un anello feedback positivo in semplice meccanismo di relais. Ci si chiede allora che cosa accade in mancanza di afferenze. Quando cioè la vescica rimane vuota per lunghi periodi a causa della totale incapacità di tenuta o per la cattiva abitudine di svuotare al minimo accenno di perdita senza aspettare l’arrivo dello stimolo.
L’ipotesi quindi è che cercando di ripristinare l’arco riflesso che utilizza le afferenze vescicali (stimolo minzionale) si possa tentare, mediante la successione graduale e costante di
riempimento / stimolo da stiramento / sensazione cosciente / inibizione:
1) Riattivare e potenziare le capacità inibitorie dei centri encefalici, per
2) Attivare l’attività tonica di chiusura sfinteriale, utilizzando, oltre alle usuali tecniche di riabilitazione, anche i meccanismi sopra descritti.
Si tratterebbe quindi di aggiungere “qualcosa” che rimetta in gioco la capacità inibitoria della corteccia, contribuendo così a creare un meccanismo compensatorio del deficit periferico, a partire dall’alto oltre che dal basso come siamo abituati a fare. Questo parte inevitabilmente dalla necessità di ottenere delle afferenze, cioè di far riempire la vescica così che, se l’apparato neuronale non compromesso dalla lesione, garantisce un processo afferente/efferente, si può considerare l’idea che ritrovare lo stimolo minzionale a riempimenti adeguati, con la volontà di non mingere possa aiutare a ripristinare un corretto funzionamento dell’interruttore sfinteriale.
Per gentile concessione della dott. fisioterapista Donatella Nardini,relazione del convegno di Siena novembre 2008

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